La nascita di Resina
Dopo la terribile eruzione del 79 d.C. la vita riprese lentamente sull’area colpita e già nel 121 d.C. si ha notizia della riattivazione dell’antica via litoranea che da Napoli conduceva a Nocera. Nella basilica di Santa Maria a Pugliano sono custoditi due sarcofagi paleocristiani risalenti al II e al IV-V secolo d.C., a testimonianza dell’esistenza di comunità abitate sul sito dell’antica Ercolano. Purtroppo non si hanno notizie certe del periodo tra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e l’anno Mille. Sicuramente l’area vesuviana fu esposta alle numerose guerre tra i popoli che invasero l’impero, a cominciare dalla guerra greco-gotica e a quella tra il Ducato di Napoli, formalmente dipendente da Bisanzio, e il Ducato di Capua, istituito dai Longobardi. Addirittura è certa una presenza saracena sul finire del IX secolo. Nel X secolo si hanno i primi riferimenti a un casale di Resina o Risina (… de alio latere est ribum de Risina… ; … de alio capite parte meridiana est resina …, ecc.).
L’origine del nome è alquanto controversa: alcuni studiosi la attribuiscono alla corruzione del nome Rectina, patrizia romana che possedeva una villa ad Ercolano e che chiese soccorso a Plinio il Vecchio in occasione dell’eruzione del 79 d.C. come è riportato nella celebre lettera di Plinio il Giovane allo storico Tacito; altri fanno discendere il nome da “retincula”, ossia le reti utilizzate dai pescatori di Ercolano, o dalla resina degli alberi dei boschi cresciuti sulle antiche lave, o dal nome del fiume che scorreva ai margini di Ercolano. Infine c’è che vede in Resìna l’anagramma di sirena visto che una sirena è stato il simbolo del casale e del Comune fino al 1969.
Nell’XI secolo è attestata la presenza di un oratorio dedicato alla Vergine sulla collina denominata Pugliano, il cui nome deriva probabilmente da praedium pollianum, un podere suburbano di Ercolano appartenuto ad un tale Pollio.
Il periodo feudale
Nel 1418 la regina di Napoli Giovanna II d’Angiò cedette le università di Torre del Greco, Resina, Portici e Cremano prima al Gran Siniscalco del regno e suo favorito Sergianni Caracciolo e, dopo qualche anno, ad Antonio Carafa. Il diritto feudale dei Carafa sulla castellania di Torre del Greco fu mantenuto anche da Alfonso d’Aragona che, anzi, la elevò a Capitania nel 1454, benché concessa in buegenseatico, ossia priva di vincoli feudali.
Le attività principali dei resinesi erano l’agricoltura, la pesca ed è attestato l’utilizzo di barche coralline resinesi insieme a quelle di Torre del Greco. Era anche diffusa l’attività di lavorazione della pietra lavica, tanto che nel 1618 fu concessa la formazione di una corporazione dei marmolari.
Nel Cinquecento il culto della Madonna delle Grazie venerata nella Chiesa di Santa Maria a Pugliano era tale da far affluire a Resina numerosi pellegrini da tutte le contrade vesuviane e dal 1574 si ha la prima citazione della chiesa come basilica pontificia. Sicuramente nel 1576 fu eretta a parrocchia con una giurisdizione spirituale che comprendeva il territorio tra il Vesuvio e il mare, tra Torre del Greco e San Giovanni a Teduccio. Solo nel 1627 i cittadini di Portici chiesero ed ottennero dal cardinale di Napoli il distacco della loro comunità dalla parrocchia di Santa Maria a Pugliano e per la prima volta si definirono i confini tra i due casali.
Ai primi del Seicento risalgono anche la Chiesa di Santa Maria della Consolazione, costruita dai padri Eremitiani Scalzi di Sant’Agostino, e una cappella dedicata a Santa Caterina.
L’eruzione del 1631 e il Riscatto Baronale del 1699
Nel 1631 il Vesuvio si risvegliò dopo un lunghissimo periodo di quiete e devastò il territorio circostante con ingentissimi danni e mietendo 4.000 vittime. Il territorio di Resìna fu invaso da almeno due colate laviche che si separarono alle spalle del santuario di Pugliano: una andò a riempire il vallone a ovest dell’abitato dove scorreva l’antico fiume e l’altra invase i campi a oriente fino al mare. I danni e le vittime non furono così numerosi come nelle vicine Portici e Torre del Greco, anzi, l’evento fu sfruttato per l’espansione occidentale dell’abitato con la costruzione di una più larga e comoda via, l’attuale via Pugliano, che saliva alla basilica di Santa Maria a Pugliano.
Nel 1656 Resina fu colpita dalla peste bubbonica che mieté oltre 400 vittime. Alcune famiglie si rifugiarono sulle colline sotto il cratere dove grazie all’aria più salubre scamparono al flagello; in segno di riconoscimento decisero di erigere in quel luogo una cappella dedicata al Salvatore.
Nonostante il giogo feudale non fosse eccessivamente oppressivo, i resinesi presero coscienza della necessità di liberarsi dalla condizione feudale e insieme ai torresi e ai porticesi chiesero di esercitare lo ius praelationis per riscattare il feudo che in quegli anni era al centro di dispute finanziarie tra gli eredi dei Carafa e il Demanio. Dopo un tentativo fatto nel 1696 e un successivo nel dicembre del 1698, il Presidente della Regia Camera della Summaria, Don Michele Vargas Macciucca, il 18 maggio 1699 decretò che Torre del Greco, Resina, Portici e Cremano (quest’ultima oggi appartenente al territorio di Portici e da non confondere con la vicina San Giorgio a Cremano) fossero sciolte dal vincolo feudale dietro il pagamento ai proprietari di una somma pari a 106.000 ducati più altri 2.500 di spese accessorie. La spesa fu ripartita tra i casali in base alla loro importanza in termini demografici, economici e territoriali, secondo i calcoli eseguiti dai tavolari di corte; cosicché i cittadini di Resina contribuirono per un terzo della somma, ossia 35.333 ducati per la prelazione e ulteriori 833 per le spese accessorie (contro i quasi 57.000 ducati versati da Torre del Greco e i 15.400 da Portici).
Il riscatto baronale di Resina (Ercolano), Torre del Greco e Portici resta una delle pagine più memorabili della storia delle tre città vesuviane.
La scoperta di Ercolano e la nascita del Miglio d’Oro
Nel 1709 Emanuele Maurizio di Lorena, Principe d’Elbeuf, mentre stava costruendo il suo palazzo presso il litorale di Portici venne a sapere che un tale Nocerino, detto Enzechetta, nello scavare un pozzo in un podere alle spalle del convento degli agostiniani di Resina si imbatté in marmi e colonne antiche. Decise di comprare il fondo e nel 1711 avviò degli scavi attraverso pozzi e cunicoli che raggiunsero l’antico Teatro di Ercolano da cui estrasse statue, marmi e colonne che tenne per sé o inviò in dono presso amici, parenti e regnanti europei.
Grazie a lui il re Carlo III di Borbone decise di acquistare a sua volta il fondo e avviare scavi sistematici mentre in Europa si diffuse a macchia d’olio la fama dell’antica Ercolano che influenzò enormemente la cultura dell’epoca, dando impulso al movimento culturale che fu chiamato Neoclassicismo e alla moda dell’aristocrazia inglese di svolgere il Grand Tour attraverso l’Europa, fino all’Italia e alla Grecia.
Il successo dei ritrovamenti spinse il re a costruire nel 1740 un palazzo reale nelle vicinanze degli scavi di Resina entro i confini del casale di Portici, che da quel momento assunse il titolo di Real Villa di Portici. Nella nuova reggia estiva raccolse i ritrovamenti ercolanesi realizzando in un’ala del palazzo l’Herculanense Museum che apriva per lo stupore e la meraviglia dei suoi ospiti.
Le collezioni si arricchirono ancora di più a partire dal 1750 quando cominciò l’esplorazione della grandiosa villa suburbana appartenuta alla famiglia dei Pisoni, nella quale fu rinvenuta una gran quantità di bellissime statue in bronzo e in marmo, come i due Lottatori (o Corridori) e il Mercurio Dormiente. Ma ancora più straordinario fu il ritrovamento, nel 1752, dei papiri carbonizzati della biblioteca della villa che da quel momento divenne nota in tutto il mondo come Villa dei Papiri. Essi furono meticolosamente srotolati grazie ad una macchina appositamente inventata in quegli anni da Padre Antonio Piaggio e rivelarono opere del filosofo epicureo Filodemo da Gadara.
Con l’arrivo dei reali a Portici tutta l’aristocrazia della capitale scelse di realizzare sontuose dimore estive lungo la Via Regia delle Calabrie e nelle campagne circostanti, tra Barra, oggi quartiere orientale di Napoli, e Torre del Greco. Ma soprattutto tra Villa de Bisogno a Resina e Palazzo Vallelonga a Torre del Greco la quantità e la qualità degli edifici era tale che quel tratto di strada fu denominato il Miglio d’Oro.
Tra le più prestigiose si annoverano Villa Campolieto, progettata da Luigi Vanvitelli, Villa Riario Sforza, nota anche come Villa Aprile, e Villa Favorita, di Ferdinando Fuga, chiamata così perché preferita dalla regina Maria Carolina d’Asburgo al punto che Ferdinando IV la acquistò nel 1792 conferendole la denominazione di Real villa della Favorita e anche Resina acquisì il titolo di Real Villa.
Nel 1788 il sacerdote Benedetto Cozzolino fondò in via Trentola, presso la sua abitazione, la prima scuola per sordomuti del Regno di Napoli, seconda in Italia solo a quella di Roma.
Dalla Repubblica Partenopea al Regno di Gioacchino Murat
Il 14 giugno del 1799, negli ultimi giorni della Repubblica Partenopea, tra la Favorita e il Granatello di Portici si combatté forse l’ultima battaglia tra l’armata della Santa Fede e i giacobini repubblicani con la vittoria dei primi. Lungo via Pugliano fu abbattuto l’albero della libertà impiantato dai repubblicani e al suo posto fu eretto un crocifisso. Ristabilita la monarchia borbonica, solo nel 1802 Ferdinando IV decise di lasciare Palermo e fare ritorno a Napoli e il 27 giugno sbarcò all’approdo della Favorita. Durante il periodo francese tra il 1806 e il 1815, il re Gioacchino Murat frequentò molto Villa Favorita, e sotto il suo regno il tatto della strada regia per le Calabrie, che fino ad allora deviava verso via Dogana, fu rettificata comportando lo scavalcamento di via Mare e la demolizione della vecchia chiesa di Santa Caterina che fu ricostruita a poca distanza lungo il nuovo tratto.
Ottocento e primo Novecento
Con il ritorno dei Borboni fu dato nuovo impulso all’industria e alla tecnica. Nel 1839 fu inaugurata la prima ferrovia italiana da Napoli a Portici e nei due anni seguenti fu prolungata in direzione di Castellammare di Stabia attraversando il territorio di Resina lungo tutto il tratto di costa, privandola del litorale sabbioso. Nella seconda metà dell’Ottocento sorsero diversi opifici industriali, tra cui alcune concerie e una fabbrica di vetro. Nonostante i primi insediamenti manifatturieri, Resìna mantenne un aspetto di paese agricolo celebrato per la salubrità del clima; Lorenzo Giustiniani nel 1804 aveva così descritto il luogo: “Vi si respira un’aria sanissima. Il terreno produce frutta squisitissime, ottimi vini, e il mare da ricca pesca de eccellente sapore. Vi si veggono grandiosi ed eleganti casini… con de’ loro rispettivi giardini, o ville, formate con sopraffino gusto di disegno, adornate di vaghe fontane, peschiere, statue ed altri ornamenti da renderle mirabili agli occhi degl’intendenti… Loda per quanto voglia Orazio la sua Baia, e sino a non esservi luogo simile nel mondo, ch’io dirò esser tale appunto la nostra Resina.”
Nel 1845 fu inaugurato il Real Osservatorio Vesuviano, primo osservatorio vulcanologico nel mondo. Nel 1863 il pittore resinese Marco De Gregorio fondò la Scuola di Resìna. Nel 1865 il re Vittorio Emanuele II inaugurò i nuovi scavi a cielo aperto.
Nel 1880 fu inaugurata la Funicolare del Vesuvio che ispirò la canzone Funiculì funiculà divenuta celebre in tutto il mondo. Nel 1895 a Resina fu inaugurato l’Acquedotto Vesuviano, che traeva le acque dal Serino e le forniva ai comuni vesuviani.
Negli anni tra la seconda metà dell’Ottocento e la Prima guerra mondiale, Resìna fu luogo di residenza e di villeggiatura non solo dell’aristocrazia ma anche della borghesia napoletana che realizzò numerose residenze sia accanto a quelle storiche del Miglio d’Oro, come Villa Battista, in elegante stile liberty, sia lungo la via che da Pugliano saliva verso San Vito (oggi via Giuseppe Semmola).
Tra gli ospiti e i cittadini illustri di questo periodo si citano: Arnaldo Cantani, medico e scienziato di fama internazionale; Gabriele D’Annunzio che tra il 1892 e il 1893 fu ospite in villa D’Amelio dove trovò ispirazione per le sue opere del periodo napoletano e dove visse la travagliata storia d’amore con Maria Gravina; Vincenzo Semmola, avvocato e studioso dei vigneti vesuviani; l’8 gennaio del 1887 nacque Adriano Tilgher, filosofo e critico letterario, tra i massimi studiosi di Luigi Pirandello; il 13 giugno del 1889 nacque in villa Faraone Amadeo Bordiga, fondatore del Partito Comunista d’Italia con Antonio Gramsci. Tra il 1879 e il 1885 in Villa Favorita risiedé Ismail Pascià, Kedivé d’Egitto, noto nel mondo per aver inaugurato il Canale di Suez, venuto in esilio in Italia e sistemato a Resìna dal governo italiano. Antonio Salandra, politico e Primo Ministro del Regno d’Italia e il conte Carlo Sforza, diplomatico italiano e Ministro degli Esteri, furono tra gli ospiti abituali di Villa Aprile. A tali personaggi si aggiungono i numerosi e illustri visitatori provenienti dal resto d’Italia e del mondo per ammirare le meraviglie di Ercolano, il suo teatro sotterraneo e per ascendere al cono del Vesuvio.
Nel 1904 entrò in funzione il ramo della ferrovia Circumvesuviana che da Napoli conduceva a Torre Annunziata e a Poggiomarino. La ferrovia tagliava il parco superiore della Reggia di Portici, sbucava in piazza Pugliano ed aveva la fermata subito dopo la piazza. Dopo la terribile eruzione del 1906 le pendici del Vesuvio furono ricoperte da una spessa coltre di cenere che durante le piogge intense discendeva a valle in forma fangosa.
Nel 1911 Giuseppe Mercalli fu nominato Direttore dell’Osservatorio Vesuviano. Il 21 settembre dello stesso anno, a seguito di un violento nubifragio che si abbatté sulla zona vesuviana, un’enorme colata di fango si riversò sul centro cittadino invadendo via Trentola fino al primo piano degli edifici causando numerosi morti. In seguito, durante il periodo fascista, furono realizzati degli alvei protetti per incanalare le acque piovane facendole defluire verso il mare.
Nel 1927 il re Vittorio Emanuele III inaugurò il nuovo ingresso degli Scavi di Ercolano sul Corso Ercolano e furono avviati i lavori per la costruzione di via IV Novembre che collegava il nuovo ingresso alle stazioni della ferrovia Circumvesuviana e della Funicolare del Vesuvio a piazza Pugliano.
Nel 1930 fu inaugurata l’autostrada Napoli-Pompei e fu aperto il casello di Resina.
Dal dopoguerra ad oggi
Negli anni dell’immediato dopoguerra nacque in via Pugliano il mercato dei panni usati, conosciuto anche come mercato di Resìna, che raggiunse notorietà nazionale e internazionale negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Come tutta la fascia costiera vesuviana, Resina fu interessata da una massiccia espansione urbanistica nonostante i rischi derivanti dall’attività del Vesuvio che, pur trovandosi in uno stato dormiente dopo l’ultima eruzione del 1944, resta un vulcano attivo.
Il 12 febbraio del 1969, a due anni dalla delibera del Consiglio Comunale, il Presidente della Repubblica decretò il cambio di toponimo da Resina ad Ercolano. Quasi contestualmente, fu cambiata la denominazione del corso principale della città da Corso Ercolano in Corso Resina.
Gli anni recenti della moderna Ercolano sono caratterizzati da ombre e luci: da un lato vi è stata una forte crisi industriale che ha portato alla chiusura delle principali attività industriali presenti (concerie, industrie meccaniche), con conseguente crisi economica e sociale e diffusione della microcriminalità; dall’altro lato, sono nate numerose attività che hanno spinto verso la riqualificazione del territorio, a partire dal patrimonio delle ville del Miglio d’Oro, per un rilancio in chiave turistica e culturale.
Nel 1971 è stato istituito l’Ente per le Ville Vesuviane, oggi Fondazione, la cui sede operativa dal 1984 è nella restaurata Villa Campolieto.
Il MAV, il Museo Archeologico Virtuale di Ercolano
Nel 1995 è istituito l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio ed Ercolano è tra i 13 Comuni dell’area del Parco. Lungo la strada che sale al cratere del Vesuvio, nel 2005 è stato realizzato il museo all’aperto di arte contemporanea Creator Vesevo formato da dieci sculture in pietra lavica di altrettanti artisti di fama mondiale.
Nel 1997 gli Scavi di Ercolano sono inclusi nella Lista del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco e Il Vesuvio e il Miglio d’Oro sono stati inseriti nella rete mondiale di riserve della biosfera nell’ambito del programma Unesco MAB (Man and Biosphere). Tra il 1997 e il 2012 Villa Ruggiero è sede di società di sviluppo territoriale dell’area della costa vesuviana: il Patto Territoriale del miglio d’Oro e Tess Costa del Vesuvio.
Nel 2005 è stato inaugurato il MAV, il Museo Archeologico Virtuale, nell’edificio restaurato dell’ex mercato coperto comunale ed ex scuola Media Iaccarino